Negli ultimi anni si sente molto spesso parlare di microbiota, microbioma e di quanto dall’equilibrio di essi dipenda lo stato di salute di un organismo vivente.
Facciamo un po’ di chiarezza, dando qualche definizione:
- per microbiota si intende l’insieme di tutti i microrganismi viventi come batteri, funghi, protozoi e virus, che vivono come ospiti, in simbiosi tra loro;
- per microbioma invece si intende la quantità di materiale genetico in essi contenuto.
Fino ad oggi la maggior parte degli studi si è concentrato però soltanto sulla componente batterica, specialmente quella che colonizza il colon.
Questi microorganismi hanno diverse funzioni che possono essere riassunte così:
- hanno un ruolo cruciale nella regolazione del sistema immunitario dell’ospite
- rappresentano una barriera protettiva per agenti patogeni
- consentono la scomposizione e la digestione di alcuni nutrienti facilitandone l’assorbimento
- forniscono, scindendo alcuni alimenti, gli acidi grassi a corta catena che rappresentano una fonte di nutrimento fondamentale per le cellule che compongono il colon.
Per tenere in salute e in equilibrio questo complesso sistema vivente, oltre ad una dieta corretta, bilanciata e ricca di alcuni nutrienti, si può ricorrere ad alcuni additivi funzionali rappresentati appunto da
- probiotici
- prebiotici
Questi hanno infatti lo scopo di modificare la composizione del microbioma per migliorarne l’attività e ottenere degli effetti positivi sul sistema immunitario del soggetto.
Ma cosa sono in effetti questi additivi? E dove li ritroviamo? Ma soprattutto quali sono le differenze tra i tre tipi di additivi?
Vediamolo insieme.
Sommario
Probiotici
I probiotici vengono comunemente chiamati “fermenti lattici” e tecnicamente sono degli additivi alimentari microbici vivi, che vengono somministrati in determinate quantità attraverso degli alimenti o degli integratori, esplicando in questo modo un effetto benefico sulla salute generale ed intestinale di chi li assume. In pratica si tratta di batteri veri e propri che possono essere sia esogeni, ovvero derivanti da alimenti o sostanze introdotte con la dieta, che endogeni, cioè, introdotti a partire da integrazioni funzionali, ma già presenti nella normale flora intestinale della specie animale in oggetto. L’aspetto più importante è che questi batteri non sono in grado di provocare patologie e devono avere alcune caratteristiche come, ad esempio, resistere ai succhi gastrici e alla bile per poter arrivare vivi a livello intestinale, dove interagiranno con vari componenti cellulari all’interno dell’ospite, esplicando la loro azione benefica.
Ogni specie animale ha un pool di batteri endogeni “buoni” che differisce da quella presente in altre specie, e che questi microrganismi specifici hanno delle caratteristiche biologiche ben precise che gli consentono di arrivare vivi nel tratto intestinale, che devono colonizzare. Inoltre, questi germi riescono a sopravvivere in determinate sedi anatomiche piuttosto che in altre. È chiaro quindi che i fermenti lattici commercializzati per gli esseri umani non hanno molto effetto per i carnivori, sia per la diversità dei cappi batterici, che per la loro scarsa resistenza alla diversa composizione dei succhi digestivi di cani e gatti.
Ad oggi, in veterinaria, sono stati autorizzati dalla comunità Europea soltanto alcuni probiotici, e questi sono stati regolarmente inseriti in un registro, quello degli additivi consentiti per i mangimi ed integratori. I ceppi batterici autorizzati in veterinaria per i cani ed i gatti sono: enterococcus faecium, e alcuni lactobacilli come il plantarum, il fermentum, il rhamnosus e l’acidophilus.
Ma quali sono i vantaggi di integrare una dieta con questi microrganismi?
La comunità scientifica è unanime nel considerare alcuni effetti benefici dei fermenti lattici: come la capacità immunomodulante, ovvero di modulazione e stimolazione del sistema immunitario, la competizione con agenti patogeni, che altrimenti replicherebbero indisturbati a livello intestinale e, addirittura, un possibile ruolo protettivo nei confronti di sviluppo di patologie neoplastiche. Inoltre, si ipotizza l’azione antinfiammatoria, che si esplica grazie alla stimolazione della produzione di sostanze antiinfiammatorie da parte delle cellule dell’organismo. La maggior parte degli studi in tal senso sono per adesso stati effettuati soltanto sugli esseri umani o su roditori, e per quanto concerne i cani e gatti le indagini sono ancora in via di sviluppo ed i reperti bibliografici sono ancora scarsi. Ciò non toglie che la somministrazione di probiotici è nella maggior parte dei casi associata ad un miglioramento della sintomatologia gastroenterica e a uno stato di salute e benessere generalizzato maggiori. Anche la comunità dei gastroenterologi, dermatologi e nutrizionisti veterinari spesso consiglia e inserisce i probiotici nei protocolli terapeutici tradizionali.
Prebiotici
Per la corretta crescita dei batteri buoni occorre ovviamente un nutrimento, ovvero un substrato, e questo è rappresentato dai prebiotici. Questi sono delle sostanze indigeribili, che vengono introdotte con la dieta e sono in grado di favorire la crescita di alcuni probiotici, come ad esempio i bifidobatteri e i lattobacilli.
I prebiotici hanno azione benefica sia nei confronti dei fermenti lattici, introdotti con le integrazioni, che sui batteri “buoni”, normalmente presenti a livello del colon. Essi sono quindi il nutrimento per questi benefici microrganismi e, se non assunti con la dieta, possono causare la riduzione numerica dei probiotici. I prebiotici sono principalmente rappresentati dalla fibra alimentare, che attraversa indigerita il tratto gastrointestinale e arriva intatta e pronta ad essere utilizzata dai probiotici a livello del colon. Alcune di queste fibre le ritroviamo anche nella composizione dei fermenti lattici e servono proprio a garantire una miglior riuscita dell’integrazione. In pratica si assumono sia i germi buoni, che il loro naturale nutrimento. Tra questi i più diffusi sono:
- i frutto-oligosaccaridi (FOS), tra cui l’inulina,
- i mannano-oligosaccaridi (MOS)
- e altri oligosaccaridi, ovvero glucidi rapidamente digeribili.
Questi prebiotici, una volta raggiunto il tratto intestinale idoneo, che solitamente è il colon, vengono fermentati dai microrganismi, che compongono il microbiota intestinale e da questa “digestione” producono dei prodotti finali come il lattato, che riduce il PH dell’intestino creando le condizioni sfavorevoli a specie patogene, e altre sostanze come gli acidi grassi a corta catena, i quali svolgono diverse funzioni fondamentali per l’organismo.
I principali acidi grassi a corta catena, che si sviluppano sono:
- l’acido propionico,
- l’acido acetico
- e l’acido butirrico.
I primi due vengono assorbiti dalle cellule intestinali e vanno in circolo rendendosi disponibili come fonte di energia per i tessuti e gli organi periferici. L’acido butirrico invece svolge principalmente un’azione locale, andando a nutrire soprattutto le cellule dell’intestino stesso, rendendolo più attivo e sano. Oltre a nutrire gli enterociti, ovvero le cellule che compongono la mucosa interna dell’intestino, l’acido butirrico è in grado di indurre delle vere e proprie variazioni dell’anatomia della mucosa. Questa, infatti, in un intestino sano è organizzata in modo da rendere la superficie adatta ad assorbire e assimilare i nutrienti, che vi pervengono attraverso delle strutture chiamate villi e cripte. Dobbiamo immaginarci villi e cripte come dei denti molto fitti di una spazzola per capelli: se provassimo a stenderli, srotolandoli, la superficie della spazzola sarebbe enorme!
Nelle patologie croniche intestinali, e in alcune patologie infettive, questi villi si riducono notevolmente di volume e la superficie assorbente dell’intestino si riduce, provocando disturbi gastroenterici e malassorbimento, il quale a sua volta incide sullo stato di salute generale.
Ecco che l’acido butirrico riesce, nutrendo le cellule dell’intestino, ad aumentare la lunghezza dei villi e la profondità delle cripte, aumentando la superficie di assorbimento dell’intestino, e diminuendo così il malassorbimento.
Postibiotici
Per postbiotici si intendono sostanze di derivazione batterica, ovvero dei sottoprodotti, che vengono rilasciati durante i processi di fermentazione e digestione degli alimenti introdotti con la dieta, ad opera dei batteri probiotici. In base al tipo di alimento introdotto e al batterio, che lo fermenta, si generano diversi tipi di postbiotici dotati di diverse proprietà.
I postbiotici sono ancora oggetto di studio da parte della comunità scientifica e pare che siano prodotti in grado di agire direttamente sul tratto intestinale dove si generano. Le principali azioni si esplicano sia sulle popolazioni batteriche presenti nell’intestino, che come sostanze antinfiammatorie ed antiinfettive a livello intestinale.
Essi hanno infatti un’azione benefica sulla maturazione del sistema immunitario, rinforzando l’ecosistema enterico e rendendo più forte la barriera intestinale; in questo modo i postbiotici modellano indirettamente il microbiota intestinale, rendendolo più ricco e protettivo nei confronti dell’organismo che lo ospita. Tra i postbiotici più conosciuti vi sono metaboliti biologicamente attivi secreti da batteri o funghi, gli esopolissaccaridi (EPSs), enzimi, frammenti di parete cellulare, lisati batterici ed acidi grassi a catena corta (SCFAs) prodotti dalla fermentazione di batteri lattici come l’acido butirrico. Quest’ultimo si comporta sia come un prebiotico che come un postbiotico, a seconda dei ceppi batterici con i quali interagisce
Probiotici e prebiotici insieme
Molto spesso nei comuni integratori, che conosciamo con il generico nome di fermenti lattici, sono presenti sia dei prebiotici, ovvero i batteri “buoni”, che dei probiotici, cioè le fibre che servono da substrato nutriente per i prebiotici. Questa associazione viene definita col termine di “simbiotici”. L’unione di prebiotici e probiotici all’interno di questi preparati dovrebbe garantire la sopravvivenza e l’impianto dei batteri “buoni” e la loro proliferazione al fine di aumentarne la performance benefica. Solitamente le miscele vengono composte utilizzando un probiotico che funga da substrato al prebiotico utilizzato.
Nel Florentero ACT ad esempio vi sono prebiotici come i FOS (Fruttoligosaccaridi) e lignocellulosa proveniente dal Pinus pineaa, a supporto di probiotici tipici della flora batterica di cani e gatti, come ad esempio l’Enterococcus faecium e diversi lattobacilli come il plantarum, il rhamnosus e l’acidophilus. Integrare l’alimentazione dei nostri amici con la coda con questo mangime complementare ci offre quindi notevoli garanzie sull’efficacia benefica dell’integrazione.
Parlane col tuo veterinario di fiducia per un ulteriore consiglio.